LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI TORINO DEL 15/3/2021.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affermato un principio che costituisce un precedente importante sulla responsabilità dei Comuni per i rumori molesti provocati dall’assembramento di persone in certi quartieri cittadini, soprattutto nelle ore notturne, confermando precedenti sentenze territoriali come quella del Tribunale di Torino del 15/3/2021.

Quel Tribunale ha infatti condannato il Comune al pagamento di un ingente importo capitale (pari a oltre €. 1.150.000) quale totale degli importi riconosciuti a titolo di risarcimento ai 29 abitanti che avevano agito in giudizio lamentando come nell’ultimo decennio il loro quartiere di San Salvario fosse diventato una zona di movida: con afflusso di una fiumana di persone nelle ore serali, urla, sporcizia, schiamazzi, musica e trambusto, senza interventi sufficienti delle Forze dell’Ordine nonostante gli innumerevoli solleciti.

Il Comune si era difeso in giudizio eccependo non essere responsabile poiché il disturbo lamentato era causato dagli esercizi commerciali e dal comportamento abnorme degli avventori, senza quindi alcun nesso causale riconducibile alla P.A., del tutto estranea a quanto si verificava nel quartiere.

Il Tribunale ha condiviso l’eccezione: i disturbi alla quiete pubblica lamentati della c.d. movida non dipendono dai Comuni ma dalla aggregazione incontrollata di persone e dalla concentrazione di un numero eccessivo di esercizi commerciali.

Ha cionondimeno affermato sussistere una responsabilità della Civica Amministrazione secondo la norma generale dell’art. 2043 c.c.: nella fattispecie i provvedimenti del Comune si sono rivelati evidentemente insufficienti, così privilegiando le esigenze economiche dei commercianti e di divertimento dei giovani rispetto al riposo dei residenti.

In conclusione il Tribunale ha ritenuto che l’invivibilità di quel quartiere e le difficoltà del controllo della quiete pubblica siano causati da provvedimenti del Comune non sufficienti ad evitarli.

Conseguentemente lo ha condannato al risarcimento dei danni a favore dei ricorrenti lesi nel loro diritto al riposo, al sonno, al godimento dell’habitat domestico.

Un pregiudizio non patrimoniale derivante dallo sconvolgimento del loro ordinario stile di vita e come tale risarcibile anche indipendentemente dalla verifica dell’effettiva sussistenza di un singolo danno biologico.

I diritti al normale svolgimento della vita familiare ed allo svolgimento delle abitudini quotidiane all’interno della propria abitazione sono infatti diritti costituzionalmente garantiti, come da S.U. Corte di Cassazione n. 2411/2017.

La sentenza ha così liquidato a ciascuno dei 29 residenti €. 500 al mese per un periodo di sette anni (fino al 9/3/2020, inizio del primo lockdown Covid) per un totale di € 42.000, oltre interessi legali. Oltre alla rifusione parziale delle spese processuali, liquidate in circa € 50.000 totali.